martedì 26 febbraio 2008

ASPETTANDO LA NUOVA MANIFESTAZIONE... VIAGGIO SUL VIALE DEI RICORDI

Correva l'anno 2006 e per la prima volta la città di Bergamo si apprestava ad accogliere un evento tutto dedicato al fumetto. Quella che segue è la sinossi dell'intera convention tenutasi Giovedì 20 Aprile 2006. Buona Lettura!

Leonardo Monzio Compagnoni
Direttore Artistico di Bergomix - infobergomix@excite.it

IL FUMETTO COME MEDIA DI COMUNICAZIONE E D’INTRATTENIMENTO

Fumetto. Manifesto culturale, media di comunicazione o prodotto dallo scopo ludico? Parlare di fumetti perché si ha voglia di evadere dalla realtà, o per meglio analizzarla attraverso particolari spunti di riflessione? Domande non troppo scontate per chi già è del settore, domande inaspettate per chi invece ha sempre ritenuto il fumetto, un giocattolo per bambini. La realtà è ben diversa, soprattutto se si analizza il fumetto nel suo insieme, dalle origini ante Novecento alla sua evoluzione post 11 Settembre 2001.
Prima di intraprendere il nostro viaggio d’indagine attraverso le vignette, e cercare una risposta a tali quesiti, vi chiedo di fare un piccolo ma necessario sforzo: accantonate per un momento tutto ciò che sapete, o che presumete di sapere sul fumetto, ed affrontiamolo assieme, come se fosse un argomento propostoci per la prima volta.
Canonicamente, la concezione commerciale del fumetto ha origine sul finire del XIX secolo, con il celebre “Yellow Kid” ( Ragazzo Giallo) di Outcault, proponendo allo spettatore un nuovo modo di concepire l’arte: l’autore esprime il proprio pensiero non più attraverso la sola concezione pittorica, ma sfrutta il protagonista della sua opera facendolo parlare direttamente attraverso l’utilizzo di un nuovo strumento: il “baloon”, ovvero la nuvoletta nella quale sono contenute le parole. E’ proprio attraverso il baloon che l’artista fa un passo in più, dicendo allo spettatore ciò che esattamente vuol esprimere con la sua opera, senza lasciare che altri critici storpino il suo pensiero. E’ qui che il fumetto comincia il suo viaggio, che lo porterà a toccare numerosi ambiti, dalla scienza alla letteratura, dalla psicologia alla filosofia, dalla storia all’economia fino ad arrivare alla religione e allo sport. Fino al New Deal il fumetto si completa nella concezione di Outcault, senza mai andare troppo oltre i canoni artistici: ne è riprova il Tin Tin di Herge, personaggio dalla struttura artistica semplice e figlio diretto della Crisi del ‘29. E’ invece dopo il New Deal che il fumetto presenta quella che pare una novità assoluta: il supereroe. Ad una più approfondita analisi, il supereroe di carta mostra origini antiche in quanto, a livello subconscio, si rifà ai grandi eroi dei miti,dell’epica e dei romanzi: da Gilgamesh a Ercole, da Achille a Ettore, da Ulisse a Enea, da Re Artù a Orlando, da Tarzan a Sandokan, eroi dalle capacità straordinarie che sono stati simbolo d’ideali e fonte d’ispirazione per intere generazioni. Il capostipite del filone supereroico è a furor di popolo Superman, ultima speranza di un mondo alieno morente e prima speranza dell’umanità, colui che si batte e vive per la verità, la giustizia e l’American Way. Assieme ai suoi supercolleghi, Supes,così è il suo diminutivo, prende parte alla Seconda Guerra Mondiale, una guerra che vede l’utilizzo del fumetto come media propagandistico e tra i beni di prima necessità lungo le trincee. Certo non ci sono solo eroi americani a combattere questa guerra sulle pagine di carta, ci sono anche Paperino e alcuni personaggi forgiati dal fascismo, come ad esempio Lucio l’Avanguardista.
La fine della Seconda Guerra Mondiale sposta la nostra attenzione dal panorama supereroico, che da lì entro pochi anni sarebbe apparentemente scemato, a quello giapponese dei manga.
Se ad un primo colpo d’occhio il manga può sembrare un fumetto semplice,ingenuo e stereotipato in realtà presenta al contempo, componenti artistiche essenziali, quali linee cinetiche e linee di forza futuriste, e componenti psicologiche, come la paura/attrazione per l’high tech e l’energia atomica. Il Manga infatti, è il discendente diretto della corrente artistica del futurismo, di cui noi italiani abbiamo il massimo esponente in Umberto Boccioni. L'opera di Boccioni, vista attraverso gli occhi di un fumettista, è un robot in movimento e gli "ectoplasmi" che ne segnano i polpacci ricordano certe spigolosità metalliche dei futuri Grendizer & Co. Forme uniche nella continuità dello spazio potrebbe aver colpito l'immaginazione di mangaka come Go Nagai, padre del leggendario Mazinga Z. Pensate siano solo suggestioni visive? Forse, ma sicuramente i giapponesi, che conoscono e amano l'arte contemporanea, posseggono nel proprio bagaglio di percezioni visivo-culturali il Futurismo non meno di come è percepito dagli italiani. Secondo elemento fumettistico-pittorico del mondo orientale che vogliamo analizzare, è la macchinolatria, ovvero l'adorazione idolatrica della tecnologia. Il Futurismo celebra la velocità, la modernità e con essa i suoi mezzi rivoluzionari: l'automobile e la guerra. Due tipi di macchine dunque, una che è simbolo della conquista del tempo (tempi ridotti nei trasporti, nei trasferimenti, nei divertimenti), l'altra salutata come "unica igiene del mondo" e invocata a gran voce nelle piazze fino al 1915. Restando però in Giappone, è curioso e alquanto artisticamente interessante vedere come un popolo, colpito pesantemente da quelli che oggi verrebbero definiti "effetti collaterali" della tecnologia, ovvero quelli che portarono alle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, sia attratto da una corrente artistico-culturale che di quella devastante macchina faceva il proprio spauracchio. Ma nel Giappone mangaka il segno di questo interesse muta. Pur essendo la nazione tecnologicamente più avanzata del pianeta, esiste un misto di attrazione e repulsione profonda per la "macchina". O, almeno, questo è ciò che si potrebbe dedurre da numerose espressioni dell'arte nipponica contemporanea. Si passa dunque dalla macchinolatria alla macchinofobia, ma la modernità, il dinamismo e la macchina stessa restano icone ispiratrici. Brevemente, qualche esempio: Katsuhiro Otomo con le sue compenetrazioni uomo-macchina in “Akira” (e le esasperazioni cinetiche di “Sogni di bambini” del 1980), Akito Yoshitomi col suo Eatman (1997), uomo e macchina "fagocitati" in un unico personaggio capace di nutrirsi di metallo e metabolizzarlo per ricostruirsi, e ancora Takaya Yoshiki con Guyver (1986).
Con l’arrivo degli Anni 60, la nostra attenzione si sposta nuovamente negli Stati Uniti, dove il panorama fumettistico vede lo scontro editoriale di due case editrici: da un lato la DC con la sua re-interpretazione di alcuni vecchi eroi come Batman, Superman e la Justice League, dall’altra la Marvel Comics che presenta l’arrivo di nuovi personaggi come i Fantastici Quattro, l’Uomo Ragno, Hulk e gli X-men. Da questo momento l’ascesa del fumetto non avrà più limiti. La Marvel Comics, a differenza della Distinta Concorrenza, sfrutta una formula assolutamente nuova, ideata dal grande Stan Lee: Supereroi con Superproblemi. Non ci troviamo più di fronte a eroi senza pecche, ma pieni di problemi: l’Uomo Ragno è in realtà un adolescente che fatica ad inserirsi nella società scolastica, Hulk altro non è che il prodotto del tormento psicologico che il suo alterego umano ha subito per anni, gli X-men sono dei mutanti, il successivo anello della catena evolutiva umana, esseri dotati di superpoteri che spaventano i normali essere umani. La Marvel sembra dunque spaziare a lungo in tutti i campi possibili: scienza, psicologia, filosofia, letteratura. Passano gli anni e, oltre alle mode del momento, l’umanità si trova ad affrontare diversi panorami internazionali: dalla caduta del muro di Berlino alla fondazione della Comunità Europea, dagli scandali politici quali il Watergate o Mani Pulite alle emergenze mondiali, dalla Guerra nei Balcani alla Guerra del Golfo. Anche il fumetto si muove attorno a questi avvenimenti con stili e linee narrative sempre diverse, tentando di dare una interpretazione oggettiva o fumettistica del fatto. Ma l’11 Settembre 2001, qualcosa cambia. L’America si ritrova unita ad affrontare una minaccia comune e così anche il fumetto fa la sua parte: meritatamente, i veri eroi di ogni giorno, pompieri, forze dell’ordine e medici, entrano a far parte dell’olimpo degli eroi di carta, venendo addirittura esaltati da quegli stessi supereroi che per anni li hanno oscurati. Albi, poster magazine di beneficenza, tutto viene incentrato su di loro, gli eroi dell’11 Settembre, promuovendo nuovamente quegli ideali di pace, libertà e giustizia che sembravano perduti nel limbo. E’ questione di poco e i riflessi emozionali di questi eventi si riflettono anche sulle normali serie a fumetti, rendendole il più reali possibili: per Spider-Man ha inizio una nuova età dell’oro dominata dalle emozioni e dalla quotidianità dell’alterego umano dell’eroe, Capitan America torna a vestire quel ruolo patriottico che sembrava aver perso, Superman si veste a lutto tingendo di nero lo sfondo del suo Simbolo, le serie di Wonder Woman, The Mighty Thor, The Avengers e Iron Man danno un’interpretazione oggettiva, per quanto fumettistica, del panorama politico internazionale, serie come Fantastic Four e X-men danno sempre più maggiore risalto alla scienza, e, per finire, gli albi di The Punisher, Daredevil e Batman danno sempre più maggiore risalto all’aspetto reale della criminalità (spaccio,stupri,rapine e sequestri)e alla fatica fisica del corpo umano. Finalmente il pubblico, soprattutto grazie alle pellicole cinematografiche, inizia ad accorgersi che i supereroi non sono quei pomposi esseri in calzamaglia che i luoghi comuni descrivevano , bensì portatori d’ideali e di un messaggio d’amore. Infatti, il gran senso di giustizia dell’eroe di carta nasce da un atto d’amore verso il prossimo. Il supereroe rischia la propria vita per proteggere e difendere le persone che sono minacciate da individui malvagi, che , a loro volta, altro non sono se non un’allegoria di come le ideologie errate possano deviare una mente fragile ed egoista. Inoltre, analizzando il nemico del supereroe, spesso ci troviamo di fronte ad una persona priva di qualsiasi virtù. Superbia, avarizia, falsità, egoismo, e odio; queste sono le peculiari caratteristiche del comune avversario. E qui non ci troviamo per caso di fronte ai vizi capitali, che ognuno di noi deve quotidianamente affrontare e vincere, nel corso della propria esistenza? Il supereroe non è altro che una evidente e precisa rappresentazione ideografica di ciò che nella nostra vita dobbiamo combattere quotidianamente. Insomma l’eroe non è altro che il nostro “IO” più profondo, che si trova a fronteggiare situazioni delicate e complesse. Un messaggio subliminale che è convogliato nel nostro inconscio con il chiaro intento di darci una speranza nel non disperare di fronte alle numerose traversie quotidiane. Per cui quando ci troviamo di fronte ad un fumetto di supereroi rammentiamoci che non è altro che un messaggio da decifrare, ovvero un messaggio d’amore. Per quanto il fumetto sia considerato un elemento caratteristico di certi paesi come gli USA, il Giappone, la Francia e il Regno Unito, di certo non lo è ancora di altri. Un caso assai particolare è rappresentato dall’Italia. Nonostante il nostro Bel Paese abbia dato i natali ad alcuni dei fumetti più famosi al mondo (per citare esempi significativi, Tex e Dylan Dog della Sergio Bonelli Editore e, PKNA e W.I.T.C.H. della Walt Disney), il pubblico italiano è da sempre diffidente nei confronti del fumetto, in quanto è stato cresciuto con l’idea che “il fumetto è una cosa per bambini”. Mai affermazione è stata più errata! Come ribadiscono i guru dei fumetti quali Stan Lee, Sergio Bonelli, Ezio Sisto, Marcello Lupoi e tutti coloro che da oltre trenta e passa anni lavorano nell’editoria fumettistica, il fumetto non è nato per un pubblico di bambini, bensì per i più grandicelli! E’ vero, nel tempo si è sviluppato poi un settore per i più giovani (basti pensare ad albi come Topolino, Tiramolla e Monster Allergy) che ha contribuito in alcuni casi a creare un ricambio generazionale, ma, personalmente, ritengo che il fumetto sia essenzialmente un media destinato a una fascia d’età non inferiore ai 12 anni e, oserei dire, non superiore ai novanta. Quando, il più delle volte, diciamo ai nostri amici o parenti “Prova a leggere questo fumetto, è fortissimo!”, ci sentiamo rispondere “I fumetti non mi piacciono, non li so leggere”. E’ un’affermazione che potrebbe sembrare insensata, ma che invece ha un suo perché. Non saper leggere i fumetti significa che non si è in grado di capire cosa venga per prima: il disegno o il baloon? Il lettore medio di fumetti neanche ci pensa, perché sa l’una cosa compensa l’altra, ma la persona che per la prima volta si trova in mano un numero di Gotham Central, piuttosto che di Dylan Dog, si trova disorientato. E’ un accadimento simile a chi va ad una mostra pittorica inconsapevole dell’identità dell’autore: non sa cosa si vuole esprimere attraverso le opere, non sa a che corrente artistica appartengono e si ritrova automaticamente un senso di ribrezzo. Come i dipinti, anche i fumetti sono opere complesse, che vogliono esprimere diverse idee, tutte attuali e realistiche. A questo punto sorgerebbe spontanea una domanda: ma se davvero il fumetto è un qualcosa di così complesso, come mai per tanto tempo è stato maltrattato dai critici ed escluso dalla cultura? La risposta non è certo delle più incoraggianti: i media, quali televisione e giornali , sono gelosi del proprio spazio e appena si accorgono di un nuovo “concorrente” tentano subito di soffocarlo. Questo fa capire che il fumetto è molto più che un genere, è una forma di linguaggio, semplice, diretta, e il più delle volte oggettiva. Il fumetto non è fantascienza, non è thriller, non è horror, non è teatro, è molto di più, è un insieme di più generi, riproposti, rivisitati, analizzati, sminuzzati. Ha scritto Gianluca Bassi, scrittore ed editore del bimestrale “Storie”: “Il fumetto è la deriva fantasiosa di una quantità di generi”. Non ritengo l’affermazione completamente esatta. Il termine “deriva” fa pensare a un’azione di rimessa, conseguente a una nascita avvenuta altrove. Invece spesso il fumetto è stato l’iniziatore, il propulsore di un genere, o di ramificazioni di generi, cui lettura,cinema,cartoni animati e videogames hanno attinto o si sono ispirati, in modo diretto o indiretto,riuscendo ancor oggi ad emozionarci, a farci divertire, ad informarci e, perché no a farci sperare che esiste una soluzione ad ogni problema.

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